Più degli altri anni, queste sono state le campagne che hanno visto trionfare Photoshop ovvero l’esigenza irrinunciabile del candidato di essere “ritoccato” per non perdere appeal estetico, per auto-riconoscersi nell’immagine riflessa dal suo specchio mentale, per recuperare “i migliori anni” della sua vita.
Più degli altri anni, queste sono state le campagne (sia quelle politiche di marzo che le amministrative di giugno) degli interventi di chirurgia grafica per rimuovere o limare rughe e rughette, nevi o gobbette, strabismo e calvizie, cicatrici piuttosto che pelurie varie o pappagorge: nel volgere di qualche anno siamo passati dall’assurda richiesta del candidato di utilizzare le foto datate, di quando si era giovani, belli, atletici o attraenti ( almeno così ci si vedeva) a quella, invece, ridicola, di trasformarsi “geneticamente” con un colpo di pennello o con il timbro clone.
L’apparire “belli, forti, magri e perfetti“ è diventato quasi più importante dell’essere percepiti come candidati, e politici, “capaci, onesti, giusti e rispettosi”.
La preoccupazione maggiore manifestata direttamente dal candidato o dal suo staff, in un numero elevato delle ventidue campagne che l’agenzia ha realizzato in questi sei mesi, non è stata quella di rimediare a un posizionamento poco efficace, non calibrato sulla persona, poco penetrante o non contestualizzato, ma, al contrario, di intervenire con il beauty grafico, l’elisir gratuito dell’eterna perfezione.
Così, in alcuni giorni, in sala grafici le discussioni e gli scontri tra grafici e copywriter non giravano più su quale copy impaginare, sul taglio dell’immagine, primo piano o mezzo busto, sulla scelta del colore, piuttosto sentivi urlare l’art director trasformatosi in novello chirurgo estetico: “ragazzi, bisturi, tampona, tampona ancora, perfetto adesso potete ricucire!”.
La richiesta del ritocco, come potrebbe essere scontato immaginare cedendo al luogo comune che le donne sono più avvezze e sensibili all’imperativo estetico, non sposava una politica di genere, anzi, si divide equamente tra candidati e candidate. In questo caso, il genere non fa la differenza.
Arcadia, per politica aziendale e per scelta creativa e grafica, ha provato anche in questa tornata elettorale a dettare la linea ai suoi clienti, con l’obiettivo di tutelare in primis il candidato e poi gli elettori, accettando o promuovendo unicamente un intervento di fotoritocco essenziale, sano e rispettoso. Il minimo indispensabile è il segreto del successo, per evitare piccole Meloni o novelli Fassino o peggio ancora, emuli del sempiterno Berlusconi.
A nulla serve, “vendersi” una perfezione che non esiste, tanto poi nel rapporto diretto con gli elettori ne saranno comunque delusi, si sentiranno presi in giro e illusi e finiranno per scegliere un diverso candidato.
Quindi, il candidato intelligente, soprattutto in competizioni locali, ma neanche tanto perché basta un video virale per eludere il fotoritocco perfetto, deve essere autentico sempre, dal vivo o sul manifesto, sul post o nel video, se vuole massimizzare e valorizzare la propria comunicazione.
Riferimenti:
http://formiche.net/2016/04/manifesti-elettorali-nellera-di-photoshop/
https://thecatcher.it/bestiario-elezioni-social-media-2018-f8a0c788d152