L’Italia degli orticelli

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Trovo sconcertante l’illusione che pervade noi italiani di essere migliori dei nostri politici.

E sebbene sia perfettamente consapevole che generalizzare comporti inevitabilmente ridurre la complessità della realtà, oggi non riesco a trovare un briciolo di ottimismo che mi spinga a cercare eccezioni.

Nei giorni scorsi, in merito alla famigerata legge elettorale, si è tanto discusso di due principi fondamentali, governabilità e rappresentabilità, due facce della stessa medaglia, ognuna delle quali non può sacrificarsi in nome dell’altra. L’accordo Renzi- Berlusconi ha fatto riemergere la spinosa questione: meglio garantire la possibilità di governare il paese o il pluralismo democratico? Sappiamo tutti come la pensano i due leader (questa parola ultimamente non gode di molta simpatia per via della degenerazione nel personalismo), ma non c’è stato bisogno che questi passassero al vaglio il valore delle loro idee e anche in questo caso sappiamo perché: l’ostacolo è stato aggirato, niente elezioni.

A questo punto, mi chiedo molto ingenuamente: se davvero, per assurdo,avessimo il coraggio di far valere il nostro pensiero e la nostra azione politica, saremmo capaci di prenderci la responsabilità di curarci della cosa pubblica? Saremmo davvero migliori di chi ora ci rappresenta (o meglio, si autorappresenta)?

Sono fermamente convinta che l’iper- frammentazione delle “ideologie” politiche nel nostro paese non siano la conseguenza di una millantata libertà di pensiero, bensì il frutto dell’incapacità di assumersi la responsabilità di concepire una vita per il bene comune. Il particolarismo degli interessi ha deviato il nostro senso civico e ha permesso alla politica di approfittarne per consolidare la divisione netta e quasi insindacabile degli “orticelli” italiani, salvo poi riservarsi la facoltà di aggregarsi all’orto più rigoglioso in quel momento. Abbiamo ciò che ci meritiamo.

Così mi vengono in mente le parole di Eduardo in Napoli Milionaria: “Arruobb tu? E arrobb pure io: si salvi chi può!”

 

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