Il gatto, il lardo rancido e il quadrato di Alfano.

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Quando il gatto non arriva al lardo dice è rancido. Per me, vale lo stesso, pari pari.

Ho cercato di lanciare, senza successo, l’agenzia nella lotteria per la progettazione creativa del simbolo degli alfaniani e oggi, dopo esser stato escluso dalla riffa, non mi rimane, a parziale soddisfazione, che il solo diritto di critica, riparatrice del (presunto) torto subito.

Quindi, lo confesso da subito a scanso di equivoci: il lardo è rancido perché la mia malferma zampetta non è arrivata ad afferrarlo.

Però, a dirla tutta, scemato il livore dei primi giorni, mi sono ritrovato in buona e qualificata compagnia nell’esercizio di quella vis polemica tutta italiana.

Quindi, mi domando, vuoi vedere che il lardo questa volta tanto buono non lo era per davvero?

Tralascio qui una serie di osservazioni più tecniche (per chi vuole approfondire eccovi un ottimo link per dare spazio soltanto a due valutazioni decisamente più semplici.

Un simbolo di partito, che trova la sua massima e prioritaria ragione d’essere nel momento elettorale, non può essere progettato con una forma diversa da quella circolare o diversamente in fase di progettazione è opportuno già definire la declinazione circolare.

La storia recente ci ha insegnato che il Partito Democratico ha avuto non poche difficoltà a rendere riconoscibile, armonico, impattante un logo erroneamente progettato con una forma rettangolare. Tant’è che oggi la versione originaria è scomparsa quasi del tutto.

L’errore, in questo caso, si è ripetuto.

Sono assai curioso, infatti, di vedere la prossima applicazione del quadrato di Alfano in occasione delle elezioni europee di maggio.

Inoltre, un secondo errore marchiano è stato fatto utilizzando nel logotipo l’aggettivo “nuovo”. Una connotazione con un peso consistente nell’intera costruzione semantica ma, proprio per questo, che mal si concilia con una visione di lungo corso e strategica.

La sottolineatura del nuovo, rimanda volente o nolente, a qualcosa di vecchio già esistente e quindi apre nell’immaginario del cittadino – elettore un immediato confronto, con tutti i rischi del caso. Non di meno, l’aggettivo ha una decisa valenza elettorale, tattica, contingente, che ma mal si concilia con una mission partitica che vuole rappresentare un’area politica nei prossimi decenni.

Cosa resterà di e del nuovo tra qualche anno?

Alla base di queste valutazioni c’è un equivoco di fondo: in Italia, una larga fetta di politici e comunicatori, ancora pensano che la comunicazione politico-elettorale possa essere una acritica estensione del marketing commerciale: stesse regole, stessi prodotti, stessi consumatori. In partenza,  ciò è vero ma, la differenza poi è tutta nell’applicazione delle regole rispetto al mercato.

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