Ci sono due bussole che più dei sondaggi delle ultime settimane e ore, sono fondamentali per interpretare il sentiment delle comunità emiliane e romagnole e capire cosa sarà, da domenica notte in poi, di questa terra, che assieme alle Toscana, era una delle roccaforti inespugnabili della sinistra. L’Emilia Romagna era una delle leggendarie “regioni rosse” che prima e dopo il “muro di Berlino” perpetuavano imperterrite la loro fiducia nella sinistra italiana.
La prima bussola è la ricerca curata da Marco Valbruzzi per l’Istituto Cattaneo, “Allerta rossa per l’onda verde” nata da una serie di “insoddisfazioni”, quali l’opportunità di definire un nuovo modello interpretativo dopo aver chiuso in soffitta quello delle regioni “rosse” o “bianche” perché “interrogarsi sul destino politico-elettorale dell’Emilia Romagna. Tutto è lasciato non al caso, ma ai leader del momento, alle loro abilità comunicative o alle loro strategie organizzative, che vengono prima – e spesso contro- quelle dei loro partiti”.[1]
Ma la ricerca è stata motivata anche dalla “qualità complessiva del confronto tra i partiti: tutto è schiacciato sul presente; del passato di una lunga tradizione civica non importa granché e del futuro si preferisce soprassedere”[2].
La seconda, invece, è un illuminante articolo di Giovanna Cosenza, docente di semiotica all’Università di Bologna che su Il Fatto Quotidiano ha scritto un illuminante affresco “Che aria tira qui in Emilia Romagna”[3] sulla società e la politica emiliana alla vigilia del voto. Nel suo articolo Cosenza si ferma su alcune considerazioni, ma di queste due sono determinanti perché se lette in sincronia con “l’allerta rossa” ci fanno propendere per una vittoria della disintermediazione salviniana: la distanza dal dolore e la ribalta nazionale.
“Nonostante le mille dichiarazioni e rassicurazioni – a parole – sulla presunta vicinanza di Stefano Bonaccini al popolo, alle periferie, ai poveracci…c’è ancora troppa distanza fra il ceto politico che Bonaccini rappresenta e gli aspetti più dolorosi e negativi della vita delle persone meno abbienti, degli imprenditori che la crisi ha massacrato, degli anziani che soffrono, dei giovani che se ne vanno. È una distanza che – ovviamente – non riguarda solo l’Emilia-Romagna, ma tutta Italia, molti paesi in Europa, gli Stati Uniti. Insomma, in questo momento le destre riescono a superare questa distanza”. Così come la nazionalizzazione della campagna “non ha fatto bene ai due candidati locali, né a Bonaccini né a Borgonzoni. Non ha fatto bene a Bonaccini, perché lo associa troppo al Pd, da cui invece lui voleva smarcarsi, visto che il Pd da tempo non gode di grandi favori. Non ha fatto bene a Borgonzoni, perché tutti le rimproverano di stare all’ombra di Salvini, di avergli lasciato fare campagna al posto suo”[4], solo che tra Bonaccini e Salvini è inevitabile che la social star della Lega riesca ad avere la meglio.
Tra qualche ora avremo il responso definitivo delle urne e capiremo se le insoddisfazioni di Valbruzzi e le sensibilità di Cosenza ci hanno portato fuori strada o meno nel prevedere la vittoria del Capitano.
[1] Marco Valbruzzi (a cura di) “Allerta rossa per l’onda verde” , Bologna, Istituto Carlo Cattaneo, dicembre 2019.
[2] ibidem
[3] Giovanna Cosenza “che aria tira qui in Emilia Romagna” https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/01/25/che-aria-tira-qui-in-emilia-romagna/5683705/
[4] ibidem