Tre semplici regole per sopravvivere a Vincenzo De Luca

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Ho definito Vincenzo De Luca il Mike Tyson della politica “all’italiana”, perché difficilmente si contenta di demolire il suo rivale, di metterlo al tappeto, lui è sazio solo dopo avergli staccato a morsi il lobo della dignità per darla in pasto all’opinione pubblica, ai critici, ai benpensanti, al furore giustizialista e al pubblico pagante.

Vincenzo De Luca esiste solo se colpisce sotto la cintura, è il pugile che nel “corpo a corpo” ti spacca il sopracciglio con una testata, è il campione talentuoso imprigionato nel suo cliché di boxeur scriteriato: l’utilizzo della violenza e della scostumatezza verbali sono, in uno, la cifra identitaria di uno specifico posizionamento che ho definito “alla De Luca”.

De Luca coincide con il (suo) posizionamento, è tutt’uno, indissolubile. Un posizionamento al quale “Vicienz’” ha lavorato negli anni e nel quale si rifugge ogni qualvolta deve attaccare o difendersi da qualcosa o qualcuno. Una narrazione inimitabile che dal Sele al Volturno è risultata vincente, a tratti mitologica, ma che produce i suoi effetti migliori solo quando De Luca si candida da challenger, è lo sfidante dal quale ci si attende urla, strali e percosse verbali necessari per abbattere la credibilità e il radicamento delle istituzioni e ruoli che il nostro vuole (ri-)conquistare.

Insomma, per dirla ancora meglio, il posizionamento “alla De Luca” è invincibile solo quando il suo unico e solo interprete parte da una posizione di rottura e di conquista, cosa che De Luca ha compreso da tempo e talmente bene da essere costantemente a caccia di un nemico-avversario da dileggiare, offendere, sbeffeggiare, deridere.

La domanda alla quale però in pochi hanno fornito una risposta, ammessa la bravura del nostro campione, è come difendersi dal posizionamento “alla De Luca”, qual è la miglior contro-narrazione da mettere in campo per vaccinarsi dagli effetti deluchiani? La risposta è terribilmente semplice e si articola in tre diverse modalità:

  1. Replicare alla scostumatezza verbale con identica virulenza;
  2. Attaccare a testa bassa invece che difendersi o restare silenziosi;
  3. Continuare nella caccia anche quando questa è “chiusa”.

La strategia di comunicazione politica di Vincenzo De Luca è risultata in questi decenni vincente (per lui e i suoi obiettivi) anche perché l’avversario stordito da un canovaccio non convenzionale, da un uso selvaggio e selvatico del linguaggio e del confronto, difficilmente osava replicare e quando lo faceva era timido, pauroso e impaurito. Chi vuol battere De Luca, deve invece salire spavaldo sul ring, con le gambe mobili ma non tremanti, ma soprattutto deve essere il pugile che dopo il primo secondo del primo round sferra e assesta il primo colpo!

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