Elogio della chiavica ovvero la sintesi del posizionamento deluchiano

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Il segretario nazionale del PD, ieri, ha bacchettato De Luca all’indomani dell’ultima novellatura linguistica dello “sceriffo di via Irno” che domenica mattina dal palco della Festa provinciale de l’Unità di Benevento ha parlato di dirigenti “imbecilli”, “cafoni” e ha bollato un deliberato della direzione provinciale sannita, che qualche mese prima metteva in discussione il suo operato nei confronti dei territori sanniti, come una “chiavica”.

Ma se il rimbrotto di Maurizio Martina rientra a pieno titolo nel posizionamento da “bravo ragazzo” che l’ex ministro alle politiche agricole si è ritagliato addosso e, al contempo, è coerente con la percezione che i cittadini (pubblico) hanno di lui come un politico compìto, educato e che raramente alza la voce, di contro, la disobbedienza di Vincenzo De Luca, o meglio, la sua strafottenza è il portato lineare di un posizionamento costruito sapientemente negli ultimi trent’anni.

Insomma, come già sottolineato in precedenti analisi, De Luca esiste – e persiste – solo se offende, quando sconfina volontariamente e scientemente, nella derisione dell’avversario o della regola di turno, solo se al pensiero logico associa una metaforica demolizione “vasciaola” del pensiero e dell’operato altrui, unicamente quando al suono della campanella lascia impaziente l’angolo e guadagna furioso il centro del ring.

De Luca è il Mike Tyson della politica “all’italiana”, non si contenta di demolire il suo rivale ma gli deve staccare a morsi il lobo dell’orecchio, per darlo in pasto all’opinione pubblica, ai critici, ai benpensanti e al furore giustizialista, al pubblico pagante.

Insomma, De Luca esiste solo se colpisce sotto la cintura, se nel “corpo a corpo” si lascia andare alla testata che ti spacca il sopracciglio, è un pugile talentuoso imprigionato nel suo cliché di boxeur scriteriato.

De Luca è l’ariete che mandi avanti quando nessuno ha le “palle” per fronteggiare l’assedio, nessuno come lui è bravo nell’arringare (o aggredire) le folle, a domarle e rabbonirle, a contrastarle e zittirle.

Questo è il posizionamento che si è scelto, questo è la narrazione inimitabile e insuperabile che dal Sele al Volturno è risultata vincente, a tratti mitologica, ma che in questi anni lo ha zavorrato impedendogli di ricoprire o rivendicare altri ruoli, altri incarichi, ai quali si sente pur pronto e capace.

P.S. (Post Spin)

Al segretario provinciale del PD sannita, Carmine Valentino, se fossi stato all’angolo gli avrei consigliato di non incassare il duro colpo di De Luca, di smarcarsi e contrattaccare pubblicamente, strappandogli il microfono dalle mani e rispondendo al presidente per le rime. Lo avrebbe, per un secondo, reso fragile, umano, fallibile. Gli avrei ricordato, come il vecchio Duke fece con Rocky Balboa che si batteva con il temibile Ivan Drago, “non fa male, non fa male, non fa male!”

Il momento in cui De Luca si rivolge a Carmine Valentino (fonte: Anteprima24.it)


 

Il video completo dell’intervento di De Luca alla festa de l’Unità (fonte: Hungry TV)

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