Renatino e la rivisitazione tardiva del panem et circenses

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Ci sono voluti 38 anni di onorata carriera per produrre uno spot che fa impallidire anche le peggiori performance di Gigione e Jo Donatello.

È così, @beneventocittaspettacolo, ideata nel 1980 dal regista e drammaturgo Ugo Gregoretti, dopo due anni nelle amorevoli mani di Renatino Giordano ha completato con successo il suo percorso di trasformazione genetica.

Ma sia chiaro sin dal principio, a noi poco interessa, né appassiona, la querelle culturale, la contrapposizione politica, l’arruolamento tra i puritani della manifestazione elitaria o i fan sfegatati a sostegno della linea godereccio-strapaesana.

Al contrario, a noi ha ingolosito, ma proprio tanto, il video di lancio di questa trentottesima edizione di Benevento Città Spettacolo, con Renatino, nelle malcelate vesti del buon Riccardino di Mario Marenco, che si lascia scarrozzare nel carrello perché alla @Conad hanno ben presente che ci sono le “persone oltre le cose”, sempre che le prime non superino il limite del ridicolo. Eccolo:

Il video poteva essere girato comodamente in una location differente, meno anonima, meno liquida, direbbe Bauman, anzi, proprio perché doveva promuovere Benevento, e non la creatività del direttore artistico, era preferibile scegliere una delle tante bellezze storico-architettoniche del capoluogo sannita. Ma tant’è si è preferito far perdere le tracce del genius loci ambientando questo mini (e non certo per la durata) spot tra un banco surgelati e lo scaffale pieno di cereali e omogeneizzati.

In quell’angolo di Conad, di Benevento e della sua storia millenaria, delle sue potenzialità capaci di attrarre turisti e visitatori, dei suoi tesori ancora poco conosciuti, non c’è assolutamente nulla. Il video, insomma, promuove Renatino e azzera Benevento, la sua Città, e il suo spettacolo.

Ancora, la canzone scelta, a parte l’omaggio al grande Renzo Arbore che farà tappa in terra sannita il 30 agosto con la sua Orchestra Italiana, racconta una Italia e una società che non esistono più.

Ma la notte no” era la sigla di apertura di “Quelli della Notte” trasmissione cult , andata in onda da aprile a giugno del 1985, che si calava a meraviglia in un Paese che iniziava a vivere pienamente l’edonismo craxiano e finenvestiano. Un amarcord ancora vivo solo in quei cinquantenni che, invece di fare i conti con gli anni incanutiti preferiscono illudersi e riparare in una adolescenza di ritorno. Questa canzone, con tutto il suo carico di storpiature delle vocali finali pre –tonitammariane e pre – checcozaloniane , oggi non racconta nulla o quasi alle generazioni di ventenni e trentenni che riempiranno in ordine sparso vie, piazze, strade e anfratti del centro storico beneventano. La canzone, scritta da Arbore e Mattone, rimane dopo tre decenni un componimento più che orecchiabile ma, non può essere eletta a colonna sonora di una manifestazione come Benevento Città Spettacolo, che quest’anno ha preferito come sottotitolo tematico “A Sud di nessun Nord” richiamandosi al libro di racconti scritto nel 1973 da Charles Bukowski e popolato da  “assassini, barboni, bevitori, scrittori falliti, prostitute, ladri, pugili e piccoli malviventi”.

In ultimo, il video-sfogliatella come costruito dal direttore atipico, fa passare un’equazione concettualmente errata: che la cultura, a prescindere se popolare, borgatara di massa o elitaria, possa essere un prodotto da consumismo compulsivo, che trovi nello scaffale e che acquisti per il suo packaging, per la narrazione pubblicitaria, per status e non certo per le qualità o per la sua idoneità a essere parte del vissuto del consumatore.

Renatino,  per dirla con il titolo di uno dei racconti di Bukowski, Tu si che hai fegato!

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