La Juventus lancia il suo nuovo brand, togliendo il velo e scoprendo un segno grafico figlio di una strategia di rottura. La Juventus si è reinventata, per restare fedele a se stessa.
La nuova veste grafica, il nuovo segno distintivo e rappresentativo è -appunto- Nuovo. Non è stata una operazione di restyling. La Vecchia Signora non si è rifatta il trucco, non ha fatto ricorso al bisturi o al botox. La Juventus ha mutato radicalmente il modo di raccontare se stessa. Il vecchio logo, da stemma è diventato marchio. Ha rotto la gabbia, ha spezzato le catene, è fuggito per sempre dal concetto di scudo, di ovale, di cerchio, di qualsiasi recinzione in cui ogni stemma sportivo è solitamente inscritto.
È una scelta coraggiosa
Forse addirittura dolorosa, perché forte e drastica. Non c’è più Torino (ma, a guardar bene, c’è. Ne parlo tra un po’), non c’è più neanche la Juve stessa, intesa in modo ‘convenzionale’.
Il nuovo brand non rappresenta più solo una squadra, un club, una città. Bensì da adesso identifica uno stile di vita, una tifoseria eterogenea, una prospettiva di raggiungere platee più ampie, oltre i confini nazionali.
È una scelta epocale
È un modo nuovo di intendere il calcio, lo sport, la comunicazione, la vita stessa. Il nuovo simbolo è sobrio, pulito, semplice, elegante, riconoscibile, riproducibile. È di tutti e per tutti.
È la cosa più semplice che si potesse immaginare. È l’essenza stessa della Juve, e di tutto il mondo che c’è dentro.
Il nuovo simbolo della Juventus è una “J”, ed è a strisce bianche e nere.
È il sogno dell’Avvocato Agnelli, è la sua emozione più grande che si fa Simbolo, proiettato nel terzo millennio, fulgido e perfetto.
È la J in realtà già presente sulle maglie della squadra, in un passato remoto fatto di felici intuizioni.
Adesso, tutto torna. Anche quella J. La J.
È la nuova Juve. È la Juve di sempre. Il passato si fonde con il futuro, dando vita ad un eterno presente. È la Juve.
Il segno grafico recupera in realtà anche il concetto di ‘scudo’ (o scudetto, più vicino al richiamo dei tanti campionati nazionali vinti). È uno scudo/scudetto. Ma non ‘racchiude’, non contiene, non delimita. No. Si apre al mondo. Si fa storia e racconto di sé.
L’equilibrio tra il logotipo -la parola Juventus- e il marchio -la J- fatto di sproporzione cercata e voluta, è un sottile ma netto rimarcare la necessità del segno univoco. I raccordi tra linee rette e curve risultano impeccabili. La riproducibilità è estrema. La flessibilità e l’adattamento a ogni tipo di supporto è garantita.
Aggiungo un’osservazione che potrebbe andare al di là delle intenzioni della stessa agenzia che ha progettato il marchio (la Interbrand, ironia del destino): nello spazio vuoto creato tra le due J e il lettering Juventus si scorge, come un’ombra, una radice, un’impronta, un segnale, un riferimento alle origini, ai natali. Si tratta di una T, per sottrazione, per completamento amodale, in negativo…eccola lì, è la T della città di Torino.
Insomma, il nuovo stemma della Juventus è come un album dei Pink Floyd, che a ogni ascolto rivela nuovi dettagli e nuove emozioni.
Quindi, credo che vada ulteriormente osservato: svelerà altro di sé, probabilmente.
Sul risultato finale e sul gradimento delle masse, sarà il trascorrere dei prossimi giorni, mesi e anni a stabilirne il valore comunicativo.
Personalmente, il gradimento è elevato.
Si è già scritto molto nelle ultime ore di questo nuovo brand. Con molta autorevolezza e con molta approssimazione. Il nuovo marchio Juve è finito in pasto a tutti, ed era inevitabile. Anzi, voluto. In Italia soprattutto, per motivi di passione calcistica diffusa, ci si è sbizzarriti parecchio con la fantasia. Paragoni, critiche, stemmi fake tirati fuori per denigrare il lavoro fatto dalla Juve, critiche improvvisate, attacchi e complimenti (in)soddisfatti. Risultato: una enorme eco mediatica di cui la Juve trae grande vantaggio. Una virale, gratuita e capillare promozione/diffusione.
Nuovi mercati, probabilmente orientali, metteranno alla prova il valore della Nuova Juve. Testeranno la qualità dell’offerta. Sanciranno il successo -o insuccesso- di un’operazione così grossa e impegnativa.
Risulta evidente che il segno grafico richiama a un ideogramma ‘orientaleggiante’. Un segno che rimanda al Sol Levante e -aggiungo- anche al mondo arabo. È un segno furbo. Un segno che abbraccia potenzialmente l’intero pianeta. E, nella sua essenzialità, strizza l’occhio ai giovanissimi, ai millennials abituati a seguire un calcio globale e globalizzato, fatto di squadre leggendarie da seguire e da amare.
Solo il tempo racconterà quanto vale il nuovo simbolo della Juventus.
Ma di certo fin da ora mi sento di poter affermare che la Juve si è mossa bene. E aveva un solo modo per farlo: muoversi in anticipo. Cambiare, prima di essere costretti a farlo. La mossa è vincente già per il solo fatto di averla compiuta.
Il terzo millennio, al sorgere del suo diciassettesimo anno di vita, finalmente ha inizio. Sotto il segno della Juve. Un ottimo segnale. Per l’Italia tutta. Anche per chi si occupa di comunicazione, come noi.
Ci vuole Coraggio, per lavorare bene. Coraggio del committente, e coraggio dell’agenzia. E quando si lavora bene, il Sogno diventa Segno. Un segno grafico di grande qualità.
Avrà lunga e prospera vita.
P.S.: Da umile art director senior/ancient di Arcadia, artigiano della comunicazione e appassionato di ‘segni e sogni’, non posso non comunicare, a chi non lo sapesse già, che il sottoscritto è di fede juventina. Ovviamente, sono certo che la cosa non sminuirà ai vostri occhi e alle vostre menti attente la sostanza di queste mie righe, a tratti tecniche, a tratti appassionate, a volte partigiane e scherzosamente (ma non troppo) fallaci, sempre sincere.
Senza passione siamo niente.