Oggi posso, domani pure.

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Confesso che il 31 dicembre non ho ascoltato il discorso del Presidente Napolitano né tantomeno eventuali contro- discorsi. Non ero in vena delle solite “belle parole” e denunce sul malessere generale.

Poi, però, come presa da un sorta di scrupolo di coscienza, ho deciso di vederlo, ovviamente, sul web. E già che c’ero, ho pensato sarebbe stato interessante guardare anche quello di Beppe Grillo.

Insomma, da niente a tutto e al contrario di tutto. Il sistema e l’anti- sistema, il vecchio e il nuovo (?), il formale e l’informale, la Tv e la Rete e altre decine di dicotomie come queste. A onor del vero, all’inizio delle visualizzazioni, ho sospettato di aver ragione: non ho avvisato molta innovazione nel linguaggio e men che meno nei contenuti (se ascoltate il discorso di Pertini del 1978 sarete spaventosamente colpiti dall’attualità di certe problematiche).

Il Presidente ci ha ricordato che stiamo vivendo un periodo difficile in cui è necessario che politica e società civile uniscano le loro forze per superarlo e Grillo ha ribadito che l’unico modo per farlo è mandare a casa vecchi politici, affaristi incalliti e lobbisti burattinai di Governo e Parlamento. Napolitano ha tenuto a precisare la sua ferma indifferenza a calunnie riguardo al tornaconto personale della sua rielezione e Grillo ha ricordato agli uditori “chi glielo ha fatto fare a mettersi in politica ” dopo quarant’ anni di carriera e la prospettiva di una vecchiaia rosea. Il primo non si lancia in giudizi di merito, il secondo spara a zero senza indorare la pillola. Un rimpastino di cose già dette e sentite.

Tuttavia, qualcosa non mi ha convinta. È pur vero che non mi sono posta con entusiasmo all’ascolto di questi messaggi, ma c’è stato qualcosa, mentre li seguivo, una domanda che mi ha accompagnata dall’inizio alla fine: chi dei due ha ragione? O meglio, chi dei due merita la mia fiducia? Ecco, in questa domanda è racchiuso, secondo me, il fine principale della politica: indurre le persone a farsi delle domande, a darsi una risposta e, alla fine, a prendere una decisione. In altre parole, a mobilitare le coscienze, a farle uscire da un disinteresse e un qualunquismo troppo pericolosi.

Peggio della cattiva politica c’è solo l’assenza della politica stessa.

E a questo punto, ho riconosciuto subito il momento preciso in cui la mia attenzione si è svegliata e cioè quando il Presidente Napolitano ha ricordato uno dei rischi più grossi che il nostro Paese ha corso nel 2013: il vuoto di Governo. Non importa di quale colore politico (e con questo non intendo “uno qualunque, purché ce ne sia uno”), ma un Paese senza un’autorità istituzionale che garantisca la libertà dei suoi cittadini, non è che lo spettro di un burattino in mano a forze letali per la democrazia, così come accadde non molto tempo fa.

Non voglio fare moralismo spicciolo né impartire lezioni di storia, mi interessava solo dire (e forse dire un po’ a me stessa) che, nonostante la sfiducia dilagante in tutto ciò che è politico e ufficiale, oggi, ho avuto la possibilità di ascoltare, comprendere, interpretare e riproporre un pensiero, che sia del Presidente della Repubblica o di un cittadino qualunque, che sia tramite la Tv o  Internet, oggi ho avuto la possibilità di interessarmi a questo, di lasciarmi coinvolgere dalle parole di speranza di Napolitano e di lasciarmi colpire dalle amare verità denunciate da Grillo.

Oggi, ho avuto la possibilità di farmi delle domande.

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